UNO STRAORDINARIO PATRIMONIO ARTISTICO DELLA PARROCCHIA DELLA PIEVE DI S. MARIA NASCENTE: I I DIPINTI DEL TABERNACOLO DELLA CHIESA VECCHIA, OPERA DEL PITTORE PIETRO DAMINI DA CASTELFRANCO (1592-1631)

di Giacinto Cecchetto

La Pieve di S. Maria Nascente, la cui fondazione risale a mezzo secolo primo della fondazione di Castelfranco, essendo ricordata in una bolla papale del 3 maggio 1152, conserva un prezioso patrimonio artistico proveniente dalla chiesa precedente l’attuale: un nucleo di memorie di assoluto pregio e interesse che vale la pena di conoscere, salvaguardare e valorizzare.

Prima di accennare alle opere sulle quali normalmente si concentra l’attenzione, cioè i dipinti, ci si deve senza alcun dubbio soffermare sul bellissimo fonte battesimale in pietra d’Istria, risalente al 1368, data incisa su bordo insieme alla citazione di chi lo realizzò: un tale Vosio, autore dell’opera essendo massaro (fabbriciere) della chiesa ser Nicholò Chalegero.

Per non parlare poi del grande crocifisso in marmo di Carrara dell’altare maggiore, opera di ignoto scultore veneto del secolo XVII, della statua di S. Sebastiano, proveniente dalla chiesa vecchia, e della piccola pala seicentesca di Andrea Michieli, detto il Vicentino, raffigurante l’Incoronazione di Maria e i Santi Lorenzo, Carlo Borromeo e Francesco d’Assisi.

Tuttavia, il vero ‘tesoro’ d’arte della Pieve è costituito da un gruppo assai raro nel suo genere di dipinti, opera di tra i più interessanti pittori veneti della prima metà del secolo XVII: Pietro Damini, nato a Castelfranco nel 1592 da Damino e da Orsetta da Cusignana. Pietro ebbe come maestro un altro pittore castellano, Giovanbattista Novello, almeno sino al 1612, anno in cui il Damini si trasferisce definitivamente a Padova, dove morirà di peste, a soli 36 anni, il 28 luglio 1631, dopo un intensa attività che lo vedrà dipingere pale d’altare e teleri per i conventi di Castelfranco, per chiese ed oratori della Castellana, per il Duomo di Asolo, per chiese e palazzi di Padova, Rovigo e Padova. Una famiglia di artisti, quella di Piero, visto cha la sorella, Damina, fu pure essa dedita alla pittura, conoscendosi, peraltro, di lei solamente i ritratti dei Dodici Apostoli, custoditi dalla parrocchia del Duomo, nella cui sacrestia pure si trova una Annunciazione del fratello Pietro.

Dell’opera pittorica di Damini a Castelfranco, larga parte è conservata nel patrimonio artistico della parrocchia della Pieve di S. Maria Nascente. Oltre alla pala dell’altare maggiore della chiesa di S. Giacomo, databile al 1616-17 e raffigurante la Madonna con il Bambino, S. Giacomo Apostolo e S. Agostino, è proprio alla chiesa della Pieve che ci si deve rivolgere per scoprire le qualità di un Damini giovane eppure assai maturo.

Di particolare interesse cultuale è certamente la pala nella quale il Damini dipinse la Madonna con Bambino che consegna lo scapolare a S. Simone Stock e S. Filippo Neri, dipinto collocata sull’altare dedicato alla Madonna del Carmine, situato nella chiesa vecchia, sostituita dall’attuale nel periodo compreso tra il 1777 e il 1821 (pronao colonnato compiuto nel 1848).

Il centro dell’interesse sul patrimonio pittorico della Pieve si appunta, comunque, sul nucleo di straordinario valore, ad un tempo, artistico e storico, rappresentato dalle 12 tele di Pietro Damini, raffiguranti scene desunte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, tutte incentrate sul tema dell’Eucaristia. Le tele ornavano l’esterno del tabernacolo ligneo collocato al centro dell’altare maggiore della chiesa vecchia.

Lo storico castellano Nadal Melchiori così descriveva il tabernacolo all’inizio del ‘700: Il Tabernacolo dell’Altare Maggiore è di qualche stima e intaglio et architettura, ma molto è ragguardevole per l’ornamento di dodici quadri di pittura al d’intorno del medesimo del nostro Damini. All’inizio dell’800, lo storico dell’arte mons. Lorenzo Crico definirà le opere del Damini come dodici gemme da istoriarsi in oro. Giudizi lusinghieri, dunque, corrispondenti all’eccellente livello delle creazioni di un Pietro Damini poco più che ventenne, visto che il ciclo pittorico è datato intorno al 1615.

Delle otto tele di forma quadrangolare, quattro rappresentano Le Cene di Cristo (Le Nozze di Caana, La Cena in casa del Fariseo, L’Ultima Cena e La Cena in Emmaus); le altre quattro narrano Storie della Beata Vergine (La Nascita di Maria, L’Annunciazione, La Presentazione di Maria al Tempio e L’Assunzione di Maria al cielo). Nelle quattro lunette sono presentate Storie di David: Davide e Golia, Davide suona l’arpa di fronte all’Arca, Davide ed Abigail, Davide ed Achimelec. La posizione delle tele sul tabernacolo, testimoniata dal Melchiori, permette di cogliere la successione degli episodi e il loro significato complessivo, illustrati da Gabrielle Delfini nei cataloghi pubblicati in occasione delle mostre dedicate a Pietro Damini nel 1993 a Padova e nel 1994 a Castelfranco Veneto in Casa Giorgione:

“Al primo comparto di opere, quello posto sul fronte principale del manufatto, spetta il compito di racchiudere il significato figurativo globale. La nascita di Maria costituisce, infatti, il precedente necessario per la nascita di Cristo; Davide è l’anticipazione di Cristo nel Vecchio Testamento, l’Ultima Cena il sacrificio anticipato della Crocifissione. Nella liturgia, infatti, l’Eucaristia non solo sacramento, segno della presenza di Cristo, ma è anche sacrificio. Nel secondo comparto compare l’Annunciazione, nel contempo incarnazione di Gesù senza peccato e risposta di fede di Maria, che così può essere direttamente collegata al tema delle “opere”, particolarmente caro all’arte della Controriforma, di cui il Damini fu efficace interprete. La conferma tematica si ha nella scena successiva dove Davide, suonando l’arpa davanti all’arca, onore la presenza del Signore, mentre la Maddalena, lavandogli i piedi, ne onora il corpo, profumandolo. Il terzo comparto vede esemplificata la vittoria di Cristo sulla storia (Davide vince il gigante Golia e Cristo appare in Emmaus). L’ultimo comparto, infine, confronta l’offerta di Abigail a Davide, con il primo miracolo messo in atto da Cristo nelle nozze di Caana”.

Un’autentica rarità, sotto ogni punto di vista, il tabernacolo di Pietro Damini, al punto da meritare di essere ricostruito in forma di modello e, le tele ricollocate ed offerte all’ammirazione di fedeli e visitatori.